Il catholicosato di Aghuank (o Gandzasar)
Hratch Tchilingirian (from Storia religiosa dell’Armenia, 2010)
Nel IV secolo, poco dopo la conversione dell’Armenia al cristianesimo, il Regno di Albania (da non confondersi con l’Albania dei Balcani) che comprendeva le province di Artsakh (la futura Karabagh) e Utik, si convertì al cristianesimo grazie agli sforzi di Gregorio l’Illuminatore, evangelizzatore dell’Armenia. Grigoris, il nipote di san Gregorio, fu nominato capo della Chiesa albanese intorno al 330 d.C. Fu martirizzato nel 338 mentre evangelizzava la regione a nordest del paese, nei pressi di Derbend (l’attuale Daghestan). Il suo corpo fu traslato in Artsakh e sepolto in una chiesa di Amaras (nella regione del Martuni). Nel 489 re Vaçhakan il Pio restaurò il complesso e costruì una cappella dedicata a Grigoris. Ancor oggi il monastero di Amaras è uno dei più importanti santuari del Karabagh e viene considerato un luogo santo per i pellegrinaggi. Gli abitanti del Karabagh sono anche orgogliosi del fatto che Mesrop Mashtots, l’inventore dell’alfabeto armeno, abbia fondato la prima scuola armena ad Amaras.
La Chiesa albanese, come quella di Iberia (fino al 608), essendo state fondate dai missionari armeni, promisero fedeltà canonica alla Chiesa armena. Alla vigilia della controversia sulla cristologia «diofi-sita» del Concilio di Calcedonia, le tre Chiese convocarono insieme il Concilio di Dwin nel VI secolo e confutarono le tesi di Calcedonia.
Nel 552 la sede del capo della Chiesa albanese venne spostata da Derbend a Partaw e venne fondato un catholicosato albanese. Al patriarca della Chiesa albanese venne conferito il titolo di «catholicos di Aghuank» (Artsakh e Utik) e ricevette l’ordinazione e l’autorità canonica dal catholicos d’Armenia.
Dall’XI al XIII secolo, a Karabagh vennero costruiti oltre 40 monasteri e grandi centri religiosi grazie al patronato e agli sforzi dei prìncipi armeni di Artsakh. Nel tempo, come narra lo storico Parkhoudaryants, questi monasteri divennero: «fari che illuminano e un caldo focolare di cristianità, case di culto piene di incenso, protet-tori di fede, amore speranza, difensori della nazionalità, della lingua, della letteratura, e luoghi santi che difesero senza vacillare le dottrine uniche e ortodosse della Chiesa armena».
A partire dal 1240 il quartiere generale della Chiesa albanese venne trasferito nel monastero di Gandzasar, i cui vescovi ereditarono la carica in quanto membri della famiglia Hassan Jalalian. Il casato di Jalalian contribuì in modo significativo al rifiorire della Chiesa e della pietà a Karabagh con la costruzione del celebre mo-nastero di Gandzasar.
L’esistenza di un catholicosato separato a Karabagh, con proprie istituzioni religiose autonome, attesta l’importanza della regione come centro religioso.Nel XIX secolo lo status del catholicosato locale venne drastica-mente ridimensionato. Quando la Russia zarista liberò il Karabagh dalla dominazione persiana, il catholicos Sarkis di Karabagh, al suo ritorno dall’esilio nel 1815, fu degradato al rango di metropolita per decisione delle autorità imperiali. Il catholicosato di Gandzasar fu trasformato in due diocesi e varie parrocchie sottoposte all’autorità del catholicosato di Etchmiadzin.
Il metropolita Sarkis fu a capo della sede fino al 1828, anno della sua morte. In seguito, su richiesta dei Melikh (prìncipi) e del popolo del Karabagh, nel 1830 il catholicos Ephrem di Etchmiadzin ordinò nella cattedrale di Etchmiadzin Baghdasar, un nipote di Sarkis, primate della diocesi del Karabagh. Così il catholicosato del Karabagh venne ridotto dapprima a sede metropolitana, poi a diocesi della Chiesa armena.
Fra il 1829 e il 1930 il Karabagh fu il centro di una attiva vita politica e religiosa. Con l’instaurazione del regime sovietico nella regione, tuttavia, la Chiesa fu una tra le prime istituzioni a incorrere nelle persecuzioni. Le chiese furono chiuse, gran parte dei sacerdoti vennero esiliati o fu loro impedito di esercitare il ministero, e la dio-cesi del Karabagh venne soppressa. Fu ristabilita nel 1989 dal catholicosato della Santa Etchmiadzin alla fine dell’era sovietica.
(Per un’ulteriore analisi sulla storia e sul ritorno della Chiesa armena nel Karabagh, si veda Hratch Tchilingirian, “Religious Discour-se and the Church in Mountainous Karabagh 1988-1995” in Revue du monde arménien moderne et contemporain, 1997, 3, 67-83.)
[a Hratch Tchilingirian, “Il catholicos e le sedi gerarchiche della Chiesa Apostolica Armenia: storia, problem e prospettive” in L. Vaccaro & B. L. Zekiyan (eds.), Storia religiosa dell’Armenia (Milano: ITL, Centro Ambrosiano, 2010): 189-212.